Per un PD al di sopra delle correnti. Per la gente e della gente.

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  1. PDVenezia
     
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    La mozione congressuale GENTE COMUNE – che come gruppo di militanti del PartitoDemocratico di generazione, provenienza sociale, professionale e geografica diversa, abbiamo sentito l’esigenza di presentare al Congresso - nasce da una analisi complessiva dello stato attuale della società italiana e da un’opinione, da noi maturata, sul ruolo che in questo momento storico può rivestire il Partito Democratico.
    Abbiamo scelto di riassumere le motivazioni di fondo della nostra mozione in una frase del priore di Barbiana: “Fai strada ai poveri, senza farti strada”, innanzitutto perché essa sintetizza al meglio, ci pare, il punto di vista problematico, e persino l’insofferenza, nei confronti di un Partito nel quale la politica sta diventando sempre più mezzo e sempre meno fine.
    Ecco perché – e lo dichiariamo immediatamente – il nostro intende essere da un lato un manifesto di “rottura” e dall’altro un programma di profondo rinnovamento. Ed ecco perché vogliamo dire subito che non siamo “renziani” né “rottamatori”: riteniamo questidue nominalismi ormai desueti, forse utili a mettere in moto un processo di ristrutturazione e cambiamento in una stagione ormai superata, e che soprattutto ci sembrano oggi rappresentare soltanto la volontà di alcuni gruppi, potentati, lobbies, di sostituirsi ad altri. Il nostro vuol essere invece un programma di rinnovamento non asservito e finalizzato ad alcun personalismo, ma promosso e costruito da tanti, per tanti,al servizio di tutti. Riteniamo che la classe politica di un moderno partito di governo, che sia capace di progettare e rappresentare il futuro, non possa essere costituita da chi al momento ciappare rappresentante di potentati, gruppi, correnti, ormai appartenenti a logiche superate.
    Per questo abbiamo ritenuto di voler escludere dai firmatari della presente mozione deputati e senatori nonché ex deputati ed ex senatori, sindaci ed ex sindaci, ogni altro soggetto che negli ultimi 10 anni abbia avuto funzioni direttive o di amministrazione dirette del Partito.
    Auspichiamo la costruzione di un Partito che si riconosca negli ultimi e non nei primi;
    un Partito nel quale la politica accompagni tutti, ed in primo luogo i cittadini comuni, e non un Partito dove i politici utilizzino questi per crescere;
    un soggetto politico in cui le persone abbiano un ruolo fondante e non dove siano base legittimante di questo o quel potentato;
    un Partito dove non esistano portatori d’acqua ma portatori di pensiero e di azione.
    Vogliamo insomma un Partito che sia per i cittadini, dei cittadini, fatto dai cittadini e nonda professionisti della politica.

    Non vogliamo un nuovo Partito ma scontatamente e stupidamente vogliamo un Partito nuovo

    I GIOVANI
    I giovani sono la panacea di tutti gli italici mali, salvo poi ricordarsi di questi (mali) nelmomento in cui si parla di occupazione, di accesso alla scuola e alla cultura. Insomma atutto ciò che rischia di minare le radici di una società geriatrica.
    L’Italia è profondamente un paese geriatricizzato. Il nostro Presidente della Repubblica ha 92 anni, i Presidenti del Consiglio che sono susseguiti, hanno mediamente dai 60 agli 80 anni. Al di là quindi delle enunciazioni di principio, la gestione dell’economia, della politica, della società e tutto ciò che è decisionale per il nostro paese passa attraverso soggetti che tutto sono meno che giovani. La nostra società quindi impone quasi un divieto per chi non ha un’età più che matura, a partecipare alle sorti decisionali della stessa. Intendiamo quindi che si debba da subito introdurre all’interno delle rappresentanze del Partito, non la riserva di caccia che sono i Giovani Democratici, ma delle vere e proprie riserve, come fatto per le donne, per i giovani.Quindi introdurre delle quote, come ad esempio il 25% degli eletti nei Consigli Comunali sia composto da soggetti dai 20 ai 30 anni. Riteniamo che i giovani siano, per capacità di innovazione, tra le vere forze portanti della nostra società, ma che si debba, per consentire il loro apporto, intervenire massicciamente nel fenomeno della precarizzazione. Ad oggi vi sono un visibilio di ingegneri aerospaziali che vengono retribuiti a 500 € ragione di mese per le proprie attività professionali. La precarizzazione è quindi il vero male che non consente ai giovani, non solo l’accesso almondo del lavoro, ma il loro inserimento quali elementi propositivi e conclusivi della nostra società.È quindi da combattere la precarizzazione, con una legge molto semplice: obbligando alle assunzioni a tempo indeterminato, coloro i quali, dopo 6 mesi di precariato, siano risultati idonei allo svolgimento di quella produzione o di quella attività.

    LE CLASSI DEBOLI
    Abbiamo conosciuto tanti professionisti della politica che per colore e falsa democrazia hanno inserito negli organismi direttivi questo o quello immigrato extracomunitario. Ciò dàsicuramente colore, ma non risolve i problemi. Anzi, con tali rappresentazioni si persegue quel modello di novello zio Tom che perdona tutto in virtù della povertà o della provenienza di questo o quel povero. La realtà è diversa, in quanto la nostra società ècomposta da poveri. Non c’è più il povero africano o sudamericano, ma ci sono tanti poveri, fra i quali tanti italiani.
    L’attenzione quindi per i poveri “esotici” comporta l’odio per questi ultimi da parte dei nuovi poveri italiani. Non vi sono dunque poveri buoni o di serie A (extracomunitari) e poveri cattivi di B (quelli italiani). È necessaria un’attenzione generale per la povertà, perseguendo, in una società di uguali, e nella medesima guisa, coloro che vengono dal terzo mondo e dal quarto e cioè gli Italiani.
    L’espressione quarto mondo si rifà a quelle società post-industriali come la nostra che presentono la desertificazione sia della produzione che della capacità lavorativa. Ed allora quali le risposte ad una società che deve essere giusta?
    La riforma della giustizia è indispensabile anche per qualsiasi intervento di natura sociale: Il 60% dei carcerati è composto da persone extracomunitarie coi massimi di pena a carico(un eccesso di pena “senza vittima”).E’ necessario avere il coraggio di accogliere coloro che il territorio è in grado di accogliere. Non si può costruire niente di nuovo quando il nostro stato non è in grado di accogliere le persone che si devono creare un futuro. Ciò non significa essere razzisti o populisti. Significa dire ciò che tanti pensano ma non hanno il coraggio di dire, affinché non siano tacciati dalle solite minoranze di razzismo od altro. Siamo consapevoli, a differenza della destra, che non esistono persone che nascono criminali o delinquenti, ma che la delinquenza ed il crimine si sviluppano all’interno deldisagio sociale e delle pieghe e delle piaghe della società.
    Per questo è necessario evitare che il disagio sociale si sviluppi. Non sussiste una società dell’etica. Esiste piuttosto una società che persegue l’etica, ed essendo tale, deve, senza ipocrisie, poter accogliere solo il numero di persone che è in grado di assistere, curare e inserire, in modo non precario, nel mondo del lavoro.
    Dare massima dignità a chi parte da paesi lontani in cerca di dignità.
    Negli altri casi sarebbe d’uopo avere il coraggio di fermare alle frontiere chi non è in condizione di poter essere accolto dignitosamente e di rimpatriare chi viene individuato sul territorio nazionale senza legittimo permesso. Contemporaneamente sarà indispensabilerivedere i protocolli comunitari ed extracomunitari sulla gestione dei flussi migratori; la dignità umana è ovviamente un nostro principio non negoziabile: è necessaria dunque una responsabilizzazione di tutti gli Stati nell’accogliere ed anche nel respingere.
    Non ci vengano a raccontare i soliti 3 intellettuali di sinistra dell’accoglienza per tutti,perché le campagne di Gragnano, il sottoterra di Casal di Principe e altre amene località del sud, ma potremmo scrivere anche del nord (ad esempio hinterland milanese otrevigiano) sono pieni di questi inserimenti sotterranei, nel senso di persone passate a miglior vita. E’ ovvietà che più esiste mano d’opera a bassa specializzazione e meno la si paga. Alcune realtà, quali quelle agricole o di basso artigianato, sono piene di nostri fratelli extracomunitari accolti in sottoscala e retribuiti con salari irrisori. Non ci diciamo chequesta è la nostra politica di accoglienza, diciamo di no all’occorrenza.E’ necessario invece inserire una retribuzione minima per tutti ed anche una pensioneminima per tutti, o addirittura il “salario minimo garantito”.
    Ciò consente alle classi deboli, cioè giovani in cerca di una prima occupazione, anziani e disoccupati, di poter veramente avere quella pari dignità che tanti sbandierano.

    LE LOBBY
    Lobby: Gruppo di persone legate da interessi comuni e in grado di esercitare pressioni sulpotere politico per ottenere provvedimenti a proprio favore (vedi:il Sabatini Coletti -Dizionario della Lingua Italiana).

    Nel nostro paese vi sono innumerevoli lobby, per citarne alcune: I farmacisti, i notai, gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, gli agronomi, i giornalisti, i commercianti, i commercialisti, le classi politiche e ultimamente se ne è aggiunta un’altra: quella dei venditori di sigarette elettroniche, che ultimamente si sono costituiti in associazione.
    Tutto ciò consente la gattopardesca affermazione che tutto cambi perché tutto resti uguale.
    Ma la meraviglia della nostra società è che mentre in quella americana le lobby sono costituite formalmente e quindi il deputato stipendiato dal venditore di supposte è riconoscibile, nel nostro paese i suppostisti sono quelli che compiono azioni meno nobilinei confronti dei cittadini. Il nostro “povero” Bersani, all’epoca Ministro dell’Industria, provò a rinnovare la società con le famose lenzuolate, finendo poi per soccombere ad una lobby “potentissima” come quella dei tassisti.
    Ed allora, se non si può colpire una piccola lobby come quella dei tassisti, figuriamoci cosa possa succedere se si toccasse quella dei notai. Vogliamo una società dove gli ordini professionali siano abrogati senza se e senza ma con una proposta di legge fatta di un unico articolo: tutti gli ordini, associazioni professionali sono abrogati .La nostra non è una “rabbia” nei confronti dei professionisti, ma è una riflessione perfavorire l’accesso alle attività professionali ai migliori e soprattutto ai giovani che oggi, se non figli o nipoti di professionisti, trovano le strade della libera professione assolutamente precluse. In tal senso e per favorire detto accesso, vogliamo anche l’abrogazione della legge che prevede l’accesso alle università a numero chiuso. Ciò alla fine consente l’accesso ai soli figli dei professionisti, escludendo quindi dall’accesso alle professioni i figli degli ultimi.

    FORMAZIONE ED ISTRUZIONE
    All’abolizione degli ordini professionali non si può che rispondere con un’altra certezza: mantenimento del valore legale del titolo di studio. Affinché le università siano l’unico vero legittimo strumento di selezione delle classi dirigenti. Affinché proprio all’università si costruisca il futuro dell’Italia. Affinchè il concetto di “Università per tutti” non venga confuso con il concetto di “Tutti all’Università”.
    Vogliamo l’acceso libero alle università, affinché i migliori, a prescindere dalla classe sociale di appartenenza, possano accedere al mondo delle professioni. Tutto il sistema dell’istruzione, da quella primaria a quella universitaria deve essere riformato. Non può esistere una Nazione che goda di un buon stato di salute se la selezione della classe dirigente non avviene nei luoghi della formazione scolastica ed universitaria.
    A questa considerazione devono corrispondere due azioni semplici: valorizzazione della classe insegnante e del sistema scolastico, affinché diventi una pietra miliare del sistema Stato, quindi una revisione radicale del sistema di selezione del corpo docente, ed una responsabilizzazione dello stesso nei confronti del suo lavoro .Oggi la scuola e le università vivono un paradosso volgare: la valutazione qualitativa delle stesse e quindi i fondi e l’organico docente vengono individuati sulla base del numero dei diplomati, iscritti e laureati. È ovvio come questo spinga il corpo docente, per garantire la sua esistenza ad abbassare i livelli qualitativi dell’insegnamento e delle prove di profitto.Questo processo deve essere immediatamente interrotto. A qualunque obiezione venga sollevata su questo ragionamento rispondiamo in maniera semplice: venite con noi a seguire un esame universitario e vi dimostreremo che nella maggior parte dei casi si può superare rispondendo in maniera equivoca ad i concetti basi dell’esame.

    LA GIUSTIZIA
    Non c’è libertà senza giustizia. Non c’è società senza giustizia. Non c’è cittadino in uno stato che non persegua la giustizia.
    Combattere il “male” di cui soffre la giustizia italiana: quella di un “corto circuito” tra giustizia e politica che lede il principio costituzionale dell’indipendenza della magistratura ed il principio liberale della separazione dei poteri. Inaccettabile ci appare la situazione di un paese nel quale un processo può durare anche10, 15, 20 anni, con conseguenze drammatiche anche sul piano economico: una giustizia non funzionante o mal funzionante non consente alle imprese di poter recuperare i propricrediti ma introduce un sistema di illegalità consapevole in chi, conoscendo la legge,sistematicamente la aggira, con fallimenti pilotati o con una prassi di mancato pagamentodei dipendenti, protetta dalla consapevolezza che le conseguenze saranno nulle.In questo caso non vi è giustizia, ma negazione della stessa. Vogliamo lo snellimento dei processi, ed il loro trattamento continuativo fino alla loro tempestiva conclusione. Vogliamo l’introduzione del principio di responsabilità per il magistrato inquirente, al fine di una sua equiparazione alla condizione di ogni altro funzionario pubblico.
    Vogliamo l’introduzione del principio di separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante.Vogliamo l’abrogazione dell’obbligatorietà dell’azione penale per il PM e l’introduzione del principio della denuncia, ad evitare che, in uffici ingolfati, il PM scelga di perseguire soltanto ciò che ritenga opportuno. Riteniamo del resto che, se a oggi non sono state fatte queste semplici riforme fondamentali, è perché gran parte dei nostri politici sia sotto ricatto più o meno evidente della magistratura.

    IL TERRITORIO
    L’ecologia è un valore fondamentale ed importante, ma l’uomo non può essere a servizio del territorio e della natura, la sua vita deve essere armonizzata a territorio e natura. Negli ultimi anni i valori si sono rovesciati e quindi da una tutela territoriale importante siamo passati alla impossibilità di svolgere azioni umane in virtù di una tutela conservativa chenon consente lo sviluppo o lo svolgimento delle attività umane. La cementificazione selvaggia non è certo la risposta al rapporto che l’uomo deve averecon la natura che lo circonda. Ma nemmeno la conservazione quale riserva indiana, può essere una risposta in tal senso. Va quindi individuata una mediazione fra i due valori che consenta gli interventi necessari allo sviluppo dell’attività umana senza per questo impedire tali attività. Le nostre normative, in virtù di una tutela solo di “principio”, hanno consentito e forse anche favorito l’abusivismo edilizio. Se è vero che la norma impedisce tutto, è anche vero il contrario,cioè che questa consenta tutto. Si deve completamente rivedere il sistema delle “tutele” contro l’abusivismo: La possibilità di ricorso al TAR e poi al consiglio di stato, sui verbali e su ogni notifica amministrativa,rende estremamente difficile, se non quasi impossibile, combattere il fenomeno dell’Abusivismo. Per demolire il Fuenti ci sono voluti 40 anni e altri ecomostri sono ancora in attesa di demolizione, in questo caso di deve semplificare, inserendo norme che consentano effettivamente la demolizione di quanto realizzato abusivamente, in tempi rapidi e senza possibilità di ricorso. Nel contempo si deve anche agevolare responsabilizzando i professionisti nel rilascio dei titoli abilitativi per le costruzioni, consentendo l’edificazione anche mediante dichiarazione d’inizio attività, con obbligo dichiaratorio e sanzioni gravi per chiunque dichiari ciò che non corrisponda a verità. La Pubblica amministrazione avrà dunque il compito di vigilare e verificare l’effettività ditali certificazioni. Si raggiunge così quell’immediatezza nella realizzazione degli interventi che è ormai sostanzialmente impossibile nel nostro ordinamento.

    L'EUROPA E L'ECONOMIA
    Nel pensiero dei Padri della Costituente e nelle menti illuminate l’Europa è vista come un sogno e un mito. La Costituente europea, composta da varie culture, dalle storie dei singoli stati, dalle esperienze comuni che partendo dall’impero romano, sin anche alla rivoluzione industriale ,fanno del vecchio continente un unicum, capace di poter far crescere un’idea comune di pace e di sviluppo non solo a livello europeo, ma mondiale, riassumendo In ciò il sogno europeo.Negli ultimi quarant’anni, dal mercato europeo in poi, questo sogno sta piano piano tramutandosi in un incubo. L’ancorare il valore delle monete o della moneta comune ad una res che non esiste economicamente come controvalore, e cioè il PIL, è stato tale da far diventare il nostro continente non una realtà ideale, ma piuttosto un brutto sogno. La ricchezza, che doveva essere di tutti, si è manifestata come povertà per tutti, attuando una sorta di vassallaggio di economie verso altre, nelle quali tutti i soggetti vengono sottoposti alla volontà delle banche e di alcuni stolti tecnocrati che, analizzando, sono stati capaci di distruggere in parte le economie dei singoli Stati. L’esempio greco parla per tutti: La nazione che ha visto la nascita della Democrazia, intesa nella concezione moderna del termine, della filosofia e di quasi tutte le scienze umanistiche, è ridotta a svendere il proprio patrimonio naturalistico e quasi a chiudere i musei. Ciò in virtù di un assurdo e scellerato patto che vede il soccombere delle economie nazionali non in virtù di un’economia unitaria (quella Europea), ma dell’interesse di quattro banche nazionali.
    Non è questa l’Europa che abbiamo immaginato. Desideriamo l’Europa e l’economia dei popoli, un sistema economico e politico che sostenga i paesi più deboli o gli stati membri in difficoltà. È necessario che in Europa si consolidino i processi democratici e le istituzion idemocraticamente elette, fino all’estremo di una nuova cessione di sovranità degli stati nazionali verso l’istituzione europea.È necessario sottrarre l’Europa dalla guida di istituzioni finanziare, legittime me non democraticamente selezionate. La solidarietà sbandierata da alcuni politici europei deve essere il fondamento di un nuovo sistema. Avanziamo l’idea della necessità che siano introdotte accise sui prodotti provenienti dai paesi terzi, ma oggetto di delocalizzazione. Insomma, un’Europa e un’economia più giusta, al servizio dell’uomo e per l’uomo. Rifiutiamo, rasentando quasi il protezionismo, ogni modello europeo che non sia costruito su questi principi.

    IL NUOVO PARTITO DEMOCRATICO
    Un Partito non può che essere un luogo di incontro deputato al servizio di tanti a tanti e non di pochi per pochi. Negli ultimi anni purtroppo anche il nostro Partito non è stato scevro da quel personalismo berlusconiano dilagante che ha infettato la politica italiana negli ultimi venti anni. Durante la gestazione degli effetti del virus Berlusconi sono stati ben recepiti dalla destra nel liberismo, nell’individualismo e nella prevaricazione; purtroppo però sono stati anche devastanti per la sinistra.
    Alla volontarietà nell’azione politica si è sostituito il professionismo della politica, ormai tanti nostri amici e compagni hanno fatto della politica un mestiere a tempo pieno e ben retribuito. Se le conseguenze di ciò fossero solo nella retribuzione del servizio non avremmo molto da discutere, ma dette sono ben più gravi ed anzi comportano l’eliminazione dei migliori chevengono visti quali minacce per colori i quali sono retribuiti per auto conservarsi. Ma i danni del berlusconismo per la sinistra non finiscono qui: sono ben più profondi e sono stati tali da far perdere ai nostri rappresentanti la capacità di lettura dei cambiamenti della società.
    Si sta quindi assistendo sempre di più al fenomeno di un Partito che enucleato dalle sue specificità sempre di meno conosce e riesce a capire le problematiche vere della società, ad esempio il fenomeno delle partite IVA che altro non è se non forma di sfruttamento del lavoro e la precarizzazione dello stesso. Si è pensato con la nascita del Partito Democratico di risolvere le problematiche con una fusione a freddo che ha inglobato alchimisticamente l’esperienza del riformismo socialista con quella dei cattolici democratici. Ciò in assenza di un manifesto fondativo, di una programmazione, di un’azione ed obiettivi comuni, se non fossero quelli di demonizzare un agonizzante Berlusconi e di far fronte unico contro l’impero del male.Ed allora quale Partito si propone?
    Perché i partiti devono essere un luogo d’incontro e non un forum wi-fi o social network. Perché al centro dei partiti vi deve essere l’uomo con la sua esperienza, con la propria voglia di partecipazione, con il perseguire quei principi generali del bene comune che fanno dell’uomo un animale sociale. Il nostro Partito non deve essere un contenitore elettorale per i futuri amministratori, il nostro Partito non deve essere il Partito dei Sindaci, dei Presidenti, dei Segretari. I Presidenti, i Segretari ed i Sindaci devono essere gli amministratori del nostro Partito.
    Il nostro Partito deve essere quindi un Partito dell’uomo, con l’uomo e per l’uomo. Un Partito di tutti e al servizio di tutti, un Partito senza professionisti della politica, ma contanti professionisti del bene comune. Un Partito che sostituisca le idee alle persone. Un Partito dove l’appartenenza non sia potere ma sia servizio ai più. Un Partito laico, perché la politica è laica di per sé. Non confessionale, attento alla società e all’evoluzione della stessa, che prenda il meglio della resistenza, ma che non si sclerotizzi sulle posizioni di una costituzione per parte desueta e per parte inattuata. E’ infatti più facile citare i principi, che dargli vita e realizzarli.
    Un Partito attento ai problemi nuovi della società e che quindi si proponga con soluzioni ai veri problemi della gente. Insomma un Partito di tutti, per tutti.
     
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